Avishai Cohen con la BANDA IROKO al Pomigliano Jazz Festival

Sul palco appare il contrabbasso al centro e si comprende subito che non è lì solo per motivi estetici. Descrive chi è la mente, il protagonista di questo progetto musicale.

Sin dalle prime note si riconosce immediatamente il contrabbasso di Avishai Cohen, la sua personalità intatta ovunque e con chiunque suoni.
Le sue sonorità sono mediorientaleggianti, hanno un’impostazione di studi classici, europei che guardano verso oriente.
Sono malinconiche, trascinanti, passionali, spirituali come una sceneggiatura di Cechov, un brano di Prokofiev, con suoni ripetitivi, ricchi di controtempi, fantasiosi, imprevedibili, instancabili.

Cosa succede se allora questa irruenza, questa passione, si unisce alle percussioni cubane liberatorie e libertarie.
Con una tromba delicata, pulita, che faccia da collante per il terzo elemento : un sax di jazz puro, che ricorda Coltrane. Un pò atonale, che ogni tanto spezza il tempo, la ritmica.

Si uniscono così più mistiche : mediorientali, cubane e nordamericane ed ogni nota non è più scontata, prevedibile all’ascoltatore.

Nella sua storia musicale ha affrontato tutti i generi, quello più mediterraneo, più groove, fino a questo caraibico, pur rimanendo sempre coerente a se stesso.

Avishai Cohen a Pomigliano Jazz ha spazzato ogni possibile pregiudizio di chi si aspettava un concerto di “solo” musica cubana.

La sua sembra una lezione di vita, mischiarsi senza perdersi, essere a servizio senza fingere, arricchire senza togliere.

L’ascoltatore si sarà sentito in bilico allegro e piacevole, in questo continuo e colorato cambio di contesto.
Nel concerto non è mancata la spontaneità, unito ad un sottile senso di smarrimento e di sorpresa, incredulità e di gioia.