
Con il suo stile recitativo un po’ distopico, Nanni Moretti introduce sempre pause riflessive, a volte oniriche, ironiche a limite dello scorrettismo, che gli ha permesso di costruire formule iconiche divenute linguaggio comune, e lo hanno reso il regista il più moderno.
In lui non manca mai la sua cultura pasoliniana. Fatta di intimità e politica, analisi sociale, con tocco però alla Woody Allen, che lo rende più tenero e gioioso. Ed infine c’è sempre la sua passione per Franco Battiato che sin dal film Palumbella Rossa fa capolino, necessaria per sublimare la profonda leggerezza che soprassiede tutto e comunque, aspetto sempre più presente nei film della maturità.

In questa opera Nanni Moretti come un artista maturo a cui bastano poche linee per destreggiare la sua arte, sublima sé stesso ed il suo stile. E riesce a trovare un coerenza narrativa al film.
Perché in tutte le opere di Nanni Moretti c’è sempre un collage di situazioni, di incontri, ed in questo “ Il sol dell’Avvenire”, la sceneggiatura, con il suo essere in scena e fuori scena, gli aspetti divertiti, immaginari, concatenano tutta la narrazione del film. Aiutano a scorrere e discorrere di tante verità sopite, nascoste dal linguaggio e dall’attenzione comune.
A partire dall’amore ed il suo aspetto a volte straziante, ma che resta sempre e comunque ambito con poesia e dolcezza.
La comunicazione cinematografica moderna, che spaccia per arte le sue scosse “adrenaliniche”, in format ormai industrializzati e ripetitivi. Fino alla mancanza di un sogno politico. Che non c’è più.
Moretti non nasconde, con pochi tocchi di regia, gli aspetti più spinosi della storia e non sappiamo se il film volesse ricordare, velatamente, la tragica storia della protagonista del romanzo “Mistero napoletano”.
Ci invita allora a togliere la scorza dal frutto, celebrare quell’autentico sentimento che ha ispirato le idee. Un invito non più postideologico, ma preideologico.
E non a caso in questo film le figure femminili sembrano più centrate ed ispirate, fino al ricordo della madre.

Con l’ultima scena del film che ricorda la rappresentazione del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, costituita da artisti e gente comune, ci lascia un segno di speranza.
Come a sottolineare che ci sarà un etica comune, una passione per la verità, fino a quando ci sarà un’arte libera. Uno spirito indomabile di giustizia che non smarrisca il senso del sublime e dell’amore, come succede nel film che sta girando.